mercoledì 13 giugno 2012

Il "mio" personale Bruce del 10.giugno a Firenze

Ok, biglietto in mano. Firenze, prato, nome e cognome: Bruce Springsteen, quindi sì, tutto giusto. Allora prenoto il treno e via.

Salvo accorgermi, sulla soglia di casa (qualcuno m’ha pungolato!), che il biglietto è ancora sul letto (!). Torno indietro a prenderlo e mi precipito in stazione. 1h e 30’ circa. Carico l’iPhone al massimo. Finisco il libro di Marco Malvaldi e mi preparo a scendere dal Frecciargento. Scatto una foto, aspetto Giovanni e prendiamo un regionale per Borgo S. Lorenzo, first stop Campo di Marte, per avviarci verso lo Stadio Franchi. Seguire la massa prego, senza fare domande. Non occorre!

L’intorno dello stadio ha la faccia di una città in stato d’assedio: carabinieri, ambulanze, vigili, polizia e tanta gente che cammina vagando per i bar alla ricerca di un po’ di partita: ci sono le file per vedere almeno il calcio d’inizio di Italia-Spagna e poi via, tutti dentro, dopo l’ultimissima pipì, ché si sa il Boss tira lungo.
Sale l’emozione, quando siamo in fila. I racconti del concerto di Milano e quello che si è letto in giro, del 2° concerto più lungo della sua carriera (3h e 40’ a 63 anni) sono lì a farci bollire per l’attesa. Entriamo nello stadietto e ci ritagliamo uno spazio. Speriamo non piova… (l’inizio della fine!)

Primo urlo per il gol dell’Italia. Secondo verso di sdegno: la Spagna aveva pareggiato.

Siamo in piedi, trepidanti e lui ci accontenta: comincia alle 20.26.
Attacca con Badlands. Straordinaria energia sprigionata da voce, chitarra e pubblico che lo acclama. L’atmosfera è da subito quella calda di una metà concerto. Incredibile. Lui è raggiante. La sua faccia è soddisfatta, felice, appagata: sta senza dubbio facendo ciò che di più ama. Si vede, si sente e il pubblico ricambia.

Luglio 2009. Olimpico, Roma. Dalle ore 22 in poi, per un tempo così lungo che non potevo immaginare. Io “piccola” e muta assistevo ad un concerto straordinario. Per di più vicina a due fan sfegatati che cantavano ogni parola e mi raccontavano di lui, di Patty Scialfa, della storica E-Street Band come fossero loro amici.
Da subito, quello che di più mi ha colpito, in quell’occasione, è stato proprio l’amore per questo mestiere, ricambiato, dal pubblico alla sua band, tutta, per quanto riesce a trasmettere, in termini di tempo sul palco, voce, entusiasmo, carica, adrenalina.

Giugno 2012. Il Franchi di Firenze. Springsteen ha quasi 63 anni e direi che la voglia di stare sul palco a cantare per i suoi fan non è affatto svanita, anzi si rinnova. È stupendo quello che succede. La mia esperienza è relativa, perché si tratta (sì, io) sempre di una fan non sfegatata e non paragonabile a chi lo segue da decenni! Darkness on the Edge of Town ha la mia età, ecco, per capirci. Ma l’esperienza di queste persone è una botta emozionale senza uguali, credo, vedendoli mi sono fatta questa idea.

Due anni fa, al Festival del Cinema di Roma ho visto The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town, il documentario sulla realizzazione del disco ed ecco. Lì è chiaro cosa lo muove, quello che li unisce, lui e la band, dico: ha un fuoco dentro, non c’è dubbio. Al di là dell’essere fan o no. Al di là del sapere a menadito tutte le lyrics del Boss, questa è la storia di un amore. Cioè non è una roba romantica, no. È molto di più.

E poi è stato tutto un rincorrersi ché meglio tardi che mai! Stavo lì ad aspettare, e tanti appresso a me, The River, ma prima un momento assai suggestivo: My City Of Ruins (mai visto il video in cui la canta Eddie Vedder con Bruce che lo ringrazia dal palchetto? Pelle d’oca. Cercatelo!) al grido di tutto il Franchi Come on rise up! Ed ancora soul, blues, chitarra, voce, le sue coriste, le riprese del palco, dello stadio, delle loro spalle con davanti gli spalti stracolmi del Franchi, un bambino tirato su a cantare con lui e giu il diluvio… definitivo.
No, non è la mia commozione, ma proprio la pioggia. Lì ho capito che l’avrei raccontata sta serata, perché siamo rimasti tutti lì, a cantare, a ballare, nel timido – perché più che altro inutile – tentativo di asciugarci, ogni tanto dai goccioloni e circondata dai “soggetti da concerto sul prato”.
Io sono una che si siede ogni settimana a S. Cecilia, per la musica classica, ma amo quelli che amo, anche e poi, con me, quella sera indimenticabile c’erano Giovanni che urlava in falsetto impazzito, c’era Dario ormai a torso nudo ed occhi chiusi, c’erano due ragazzi genovesi dietro di me e uno di Livorno che ci aveva raccontato dell’anno di costruzione del Franchi (1940), birra in tasca (col tappo!), sigarette e immobile, a braccia conserte. IMMOBILE, giuro, sempre, anche col diluvio. Poi c’era una coppia di Slovacchi: lei cartone della pizza in mano, con vari messaggi per Bruce scritti, ad agitarlo già da mezz’ora prima che iniziasse il concerto. Inizialmente preoccupati per i bicipiti che non avrebbero retto, siamo passati – in 20 circa, tutti intorno a lei, ma per lo più dietro – a urlarle di abbassare il suddetto cartone e lei imperterrita, finché non gliel’ho rubato… s’è ribellata, però.

Siamo rimasti fino alla fine. 3h e 30’ di adrenalina a pacchi. Inutile stia qui a raccontarvi della scaletta che avrete letto ovunque.

Sulle note di Hungry heart (sestultimo pezzo), proprio quando pensavo di non reggere più quella pioggia battente, mi sono riattivata ed ho ricominciato a ballare e così ho continuato fino a Twist & shout… eravamo tutti drogati… magia.

E poi fine (23.53? circa), dopo inchini, uscite, bis, ringraziamenti, prendiamo il coraggio e usciamo, sperando di trovare un’arca, ma no, ci aspetta un viaggio in macchina. Ci smutandiamo (cioè no, solo le mutande c’erano rimaste) tutti e 5 per allontanare il rischio reumatismi che è proprio lì, dietro l’angolo a ‘na certa! E via per Roma. Primo autogrill: entro con un maglione legato in vita, ché sembrava il kilt di tartan scozzese senzanientesotto, una maglietta asciutta dei Pearl Jam e i capelli bagnati che provo ad asciugare sotto ai getti d’aria per asciugare le mani. Mi sento osservata, allora vado via. Alla cassa una fila lunghissima, tutti reduci dal concerto, eppure… non so perché mi guardano!

Tuttoilviaggio, poi, nonsoperché avevo in testa Thunder road, fino a Roma. E non l’ha manco suonata!
Grande. Grazie. Grazie Gio :)

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